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Gli schemi di Autoconsumo Collettivo e le Comunità dell’Energia​

“Il sistema elettrico ed energetico stanno evolvendo in modo irreversibile verso una nuova dimensione policentrica e diffusa sui territori che stanno col tempo assumendo un ruolo sempre più attivo ed interconnesso all’infrastruttura. Contemporaneamente, le tecnologie disponibili per la creazione di sistemi energetici basati sulla presenza di dispositivi di approvvigionamento energetico e di distribuzione alla scala locale (Smart grid, Microgrid), stanno raggiungendo un livello di maturità tale da ipotizzarne rapidamente una diffusione su larga scala. In relazione a questi fenomeni, la recente direttiva promossa dalla Comunità Europea nell’ambito del Clean Energy for All Europeans Package sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (direttiva RED II) introduce le figure di “autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” e di “Comunità di Energia Rinnovabile – CER”.

Al fine di contribuire al processo di recepimento della sopra citata direttiva, RSE ha recentemente avviato un’azione di promozione e valutazione di nove progetti pilota di schemi di autoconsumo collettivo condominiale e sei di Comunità dell’Energia Rinnovabile con l’obiettivo di fornire utili indicazioni per la realizzazione di un quadro regolatorio e normativo nazionale di riferimento. L’ambizione di RSE è quindi dimostrare la fattibilità, i benefici energetici, economici, ambientali e sociali legati all’introduzione di questi nuovi soggetti del sistema elettrico, nonché individuare le barriere tecnologiche, legislative e regolatorie ambientali e sociali che dovranno essere superate al fine di garantirne una adeguata diffusione”.

Con la fine di quest’anno, ci apprestiamo a chiudere un decennio di programmazione comunitaria in materia di energia e clima, costruita per raggiungere gli obiettivi “20-20-20”. Al contempo, ci affacciamo su un nuovo decennio che ci proietta sui target al 2030 lanciando, di fatto, la corsa verso lo sfidante traguardo della totale decarbonizzazione al 2050.

In questo senso, l’avvio della sperimentazione di comunità energetiche e di configurazioni di autoconsumo collettivo rappresenta un laboratorio interessante, che può fornire alcuni nuovi spunti di riflessione per affrontare criticità che abbiamo osservato nel decennio passato.

In particolare, sarà interessante esaminare un modello – come quello delle comunità energetiche – che ribalta il percorso di definizione, dimensionamento, localizzazione e progettazione degli impianti. In sostanza, iniziative che nascono da cittadini, piccole imprese e Comuni potrebbero contribuire a disinnescare, per altra via, l’impasse nella costruzione di infrastrutture energetiche sul territorio.

È crescente, infatti, la difficoltà di ottenere autorizzazioni per realizzare nuovi impianti a fonti rinnovabili, se pur necessari per raggiungere gli obiettivi al 2030; la scarsità di offerte registrate in questi giorni nelle aste GSE per l’assegnazione degli incentivi, è, in tal senso, un’allarmante cartina al tornasole.

E, dunque, il capovolgimento della logica con cui, fino ad oggi, gli impianti sono stati realizzati sul territorio potrebbe contribuire ad individuare un modello per vincere la resistenza culturale che si è dimostrata, nei fatti, più forte di tutti gli interventi di semplificazione del procedimento di autorizzazione che, nel tempo, sono stati adottati.

Un ultimo spunto interessante riguarda l’obiettivo principale che le comunità energetiche dovranno perseguire, ovvero quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, piuttosto che profitti finanziari. A ben vedere, si tratta di un aspetto che appare in controtendenza, se non in contrasto, con alcune distorsioni registrate in passato e che hanno talvolta portato a dipingere il settore delle energie rinnovabili come un settore di investimenti speculativi e ad alta remunerazione, che ha attratto investitori aggressivi e anche, in casi estremi, la criminalità.

L’impostazione di queste nuove iniziative suggerisce, invece, la possibilità di contaminare il settore con nuovi modelli di business, maggiormente sostenibili per il sistema, sia in termini di costi che in termini etici e, in ultima analisi, più comprensibili anche in termini di accettabilità sociale.

Concludendo, questa nuova fase evolutiva del sistema energetico fornisce alcuni interessanti spunti di riflessione che, se da un lato non rappresentano da soli la soluzione ai complessi problemi che il settore si troverà ad affrontare, dall’altro indicano la possibilità – e probabilmente la necessità – di individuare percorsi e modelli innovativi per affrontare e vincere la grande sfida della totale decarbonizzazione dell’economia“.

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